L’Italia divisa in due anche dall’acqua. Se al Nord è tornato lo spettro delle alluvioni, accentuato dai cambiamenti climatici, al Sud sembra inarrestabile la siccità e la decrescita delle riserve idriche, nonostante la fine della stagione irrigua. Sono praticamente “a secco” gli invasi della Puglia, che trattengono circa 53 milioni di metri cubi di risorsa su una capacità complessiva di 336 milioni e con un deficit di quasi 71 milioni rispetto all’anno scorso; identico è il trend della Basilicata con un’odierna disponibilità di quasi 162 milioni su una capacità di circa 743 milioni e un disavanzo vicino ai 46 milioni sul 2019. Grave è anche la situazione della Sicilia, nei cui invasi a Settembre, rispetto al 2019, mancavano circa 82 milioni di metri cubi d’acqua. Se in Sardegna, la disponibilità idrica è in media con lo scorso anno, sorprendentemente positiva è la condizione dei bacini calabresi al top del recente quadriennio. Su questo quadro desolante pesa un’agricoltura sempre più “idroesigente” e l’assalto alle falde con la costruzioni di centinaia di pozzi, spesso abusivi.
«I cambiamenti climatici pongono l’Italia come front office del pericolo di desertificazione nell’area del Mediterraneo; l’agricoltura italiana ha crescente bisogno di acqua, cui non si può rispondere incrementando i prelievi dalla falda attraverso i pozzi, perché ciò comporta pericolose conseguenze sull’equilibrio idrogeologico di terreni già fragili; per questo, chiediamo alla politica precise scelte di investimento in favore dell’irrigazione collettiva come quella gestita dai Consorzi irrigui e di bonifica». A evidenziare i pericoli della “deregulation dei pozzi” e la necessità di una forte attenzione in Europa è l’Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e della acque irrigue (Anbi) attraverso le parole del direttore generale, Massimo Gargano, intervenuto a un convegno sul futuro dell’irrigazione, organizzato ad Arezzo dal Consorzio di bonifica Alto Valdarno.