Che cosa beviamo? Acqua e Pfas, composti che, a partire dagli anni cinquanta, si sono diffusi in tutto il mondo, utilizzati per rendere resistenti ai grassi e all’acqua tessuti, carta, rivestimenti per contenitori di alimenti ma anche per la produzione di pellicole fotografiche, schiume antincendio, detergenti per la casa. Insomma, siamo immersi nei Pfas.
Le loro proprietà e caratteristiche chimiche hanno però conseguenze negative sull’ambiente e a causa della loro persistenza e mobilità, questi composti sono stati rilevati in concentrazioni significative negli ecosistemi e negli organismi viventi. Sostanze perfluororate
Nel 2013 i risultati di una ricerca sperimentale su potenziali inquinanti “emergenti”, effettuata nel bacino del Po e nei principali bacini fluviali italiani dal Consiglio nazionale delle ricerche e dal ministero dell’Ambiente, indicano la presenza anche in Italia di sostanze perfluoro alchiliche (Pfas) in acque sotterranee, acque superficiali e acque potabili. Per lo studio vengono prelevati anche campioni di acqua destinata al consumo umano in più di 30 comuni nella provincia di Vicenza e nelle zone limitrofe delle province di Padova e Verona. Le indagini evidenziano un inquinamento diffuso di sostanze perfluoro-alchiliche (Pfas), a concentrazione variabile, in alcune aree delle province sopracitate.
Le informazioni circa la presenza di queste sostanze sono presentate nella relazione dell’Istituto di Ricerca sulle Acque del CNR in un rapporto piuttosto inquietante.