Negli ultimi anni tutti notiamo una forte spinta nel vietare la plastica monouso. Nonostante tutto, lo smaltimento continua a essere una minaccia per il materiale che si sta accumulando nel suolo e nei mari in quantità senza precedenti. Si stima che oltre 33 miliardi di tonnellate di plastica finiranno nell’ambiente entro il 2050 (Micro- and nano-plastics and human health. Galloway, 2015). Si parla dunque sempre più di era Plasticene.

Nell’ambiente, la plastica si decompone per formare microplastiche e, su scala ancora più piccola, nanoplastiche. Le indagini si sono concentrate sulle microplastiche, pertanto la situazione del loro impatto sull’ambiente e sulla salute umana non è chiara, anche se la ricerca è in rapida evoluzione. Nuove tecniche e metodologie sono infatti attualmente in fase di sviluppo per rilevare, identificare e analizzare le nanoplastiche e la loro influenza su ambiente e organismi.

Un Future brief della Commissione Europea per ambiente, sanità pubblica e sicurezza alimentare, Nanoplastics: state of knowledge and environmental and human health impacts, presenta la situazione attuale relativa alle nanoplastiche, dal loro rilevamento e analisi fino ai loro potenziali rischi per la salute, percorsi di dispersione e prospettive future.

Le nanoplastiche sono particelle veramente piccole, invisibili a occhio nudo. Gli esperti definiscono una nanoplastica una particella che misuri non più di 1 pm (0,001 mm) da un lato all’altro in qualunque dimensione. Ormai, la presenza di queste microscopiche plastiche è accertata nel sangue e nel liquido amniotico delle gestanti e perfino nel latte materno.

Di Giuseppe Altamore

Giornalista e saggista italiano, direttore del mensile Benessere. La salute con l'anima

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